Un noir jazzato ai tempi del black lives matter

Thomas Mullen è una new entry interessante nell’affollato mondo del noir americano. La città è dei bianchi (Nero Rizzoli), il suo quarto romanzo, vede protagonisti due tra i primi poliziotti di colore assunti nella razzistissima Atlanta dell’immediato dopoguerra. Boggs e Smith i due neofitii del dipartimento, sono una coppia che rinverdisce lo stilema del black noir (romanzo nero dei neri: mi rendo conto che non è il massimo…), rappresentato -se vogliamo trovare un paragone nobile- dalla coppia dei tostissimi poliziotti afroamericani Ed Coffin e Grave Digger di Chester Himes. Nel quadro di un noir tradizionale (colpi di scena, sparatorie, pestaggi…), il romanzo di Mullen inserisce il tema del razzismo e della segregazione in una città del sud degli Stati Uniti nel 1948, un aspetto intollerabile della vita dei neri, che si perpetua in ogni singolo momento della giornata. Condurre un’indagine è impossibile per dei poliziotti di serie b, disprezzati dalla società, considerati “esseri inferiori” che per fare una domanda a un bianco devono necessariamente abbassare gli occhi a terra. Potremmo definirlo un thriller aggiornato ai tempi del Black Lives Matter. Ovviamente muovendosi nel ghetto nero di Atlanta i protagonisti si trovano immersi nella musica di riferimento: il jazz, in particolare con Count Basie che risuona dai grammofoni durante i ricevimenti o  strimpellato da bambini che vengono chiamati Duke in onore di Ellington. Il jazz è un tratto unificante della cultura americana e se nel ghetto si ascoltano le grandi orchestre di colore, un giovane bianco ascolta della musica diversa, sempre proveniente da musicisti neri, ma che si rivolge a un’altra generazione di ascoltatori: “una melodia lenta e sinuosa, non lo swing o le canzoncine da orchestra (…). Forse era questa la roba che ascoltavano i giovani del collage”.  Sicuramente siamo nei paraggi del bebop, ma l’autore -che non sta scrivendo un saggio storico- utilizza la musica per definire il contesto e non cede a particolari inutili o didascalici. La storia scorre nonostante gli aspetti veramente indigeribili del razzismo americano di quel periodo (che l’autore stigmatizza senza pietà) e quindi aspettiamo fiduciosi la traduzione in italiano della seconda avventura dei due: ne vale la pena.

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