La narrazione è in crisi e anch’io mi sento poco bene…

Molti lo vedono come un filosofo pop con poca sostanza. Sicuramente il coreano-tedesco “che piace” Byung-Chul Han attira per una caratteristica che NON lo accomuna a molti filosofi: la chiarezza del linguaggio, la semplicità dei ragionamenti. Troppo semplici, dicono coloro che lo guardano con sospetto. Eppure la sua critica alla società contiene sicuramente spunti di riflessione importanti; e se spiega la terribile “levigatezza del bello” contemporaneo usando Jeff Koons o la depilazione brasiliana forse dovremmo contestare le sue idee o le affermazioni apodittiche, non certo gli esempi che usa se fanno uscire la filosofia dalla zona radical-ZTL. Ricordiamoci che fuori nel mondo c’è la Meloni con gli occhi fuori dalle orbite che sbraita, Salvini che la rincorre a destra e non nomino neanche i generali etc. etc. I pozzi della riflessione sono inquinati, abbiamo bisogno di tutti gli alleati e un filosofo zen critico verso i meccanismi di questa società non è il nostro peggior nemico allo stato attuale dei fatti. Una cosa che dicono i suoi detrattori – ma anche questo non mi sembra un male – è assolutamente giusta però: fin dai titoli dei suoi lavori è chiarissima la tesi. Dal suo ultimo libro, l’esplicito Crisi della narrazione, spizzichiamo qua e là degli spunti di riflessione.

Nel momento in cui le narrazioni vengono viste come un qualcosa che può essere costruito seguendo delle regole di composizione, viene meno il loro momento di verità interno (p.6).

Non so se sono le regole a far perdere il momento di verità interno o se è forse la manipolazione, la costrizione in formulari imposti dal mercato a impoverire la nostra idea di narrazione. Nelle sue analisi torna spesso un riferimento importante, quello a Walter Benjamin: Nel momento in cui decade a informazione lo stesso linguaggio perde la sua aura (p. 68). Dal racconto all’informazione. Dal racconto allo storytelling che diventa rapidamente puro consumo.

Byung-Chul Han ci vuole far riflettere in tutti i modi sullo storytelling contemporaneo; in effetti un mezzo poverissimo di aura, quando, di fronte a un suo uso troppo scoperto ci accorgiamo del calcolo, della premeditazione.

La commercializzazione delle narrazioni si appropria della loro forza politica e in questo processo anche la morale diventa qualcosa da consumare, dal momento che alcuni determinati beni vengono infiocchettati con narrazioni morali, come ad esempio nel caso del commercio equo(p.106). Ovviamente il filosofo non ce l’ha con il commercio equo, il suo è un esempio e la “narrazione morale” per convincerci a fare cose che non vogliamo supponendole “giuste” la vediamo tutti i giorni all’opera: pensiamo al tema del riarmo necessario in Italia e in Europa quando tutto il welfare sta crollando sotto i nostri occhi…

Byung-Chul Han, La crisi della narrazione, Torino, Einaudi, 2024

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